
SuperKEKB è il primo acceleratore per la ricerca in fisica fondamentale ad entrare in funzione dopo LHC al CERN di Ginevra. A differenza di LHC, in cui circolano fasci di protoni, SuperKEKB utilizza fasci di elettroni e positroni, che viaggiano in anelli separati a energie diverse, rispettivamente di 7 e 4 miliardi di elettronvolt (GeV). Inoltre gli anelli sono più piccoli e misurano circa 3 km ciascuno. SuperKEKB utilizza per la collisione dei fasci uno schema innovativo detto dei “nano-beams”, originariamente proposto da Pantaleo Raimondi (INFN-Frascati, ora ESRF) per il collider SuperB.
I fasci di SuperKEKB sono di dimensioni verticali nanometriche e hanno la particolarità di non viaggiare in direzioni opposte, ma di incrociarsi formando tra di loro un angolo più grande rispetto agli acceleratori tradizionali, rendendo simultaneamente massima la regione nello spazio in cui si sovrappongono, e quindi la luminosità. Quando funzionerà a pieno regime le particelle prodotte nelle collisioni saranno rivelate e misurate dall’esperimento Belle-II, un sensibilissimo rivelatore dal peso complessivo di 1500 tonnellate al cui interno è installato un grande magnete di circa 1100 tonnellate.
Frutto di una collaborazione internazionale formata da oltre 600 fisici e ingegneri provenienti da 23 nazioni diverse, Belle-II è un sofisticato rivelatore progettato per trovare segnali di una fisica al di là delle teorie attualmente conosciute. Importante il contributo italiano, con una comunità di più di 60 scienziati provenienti da nove Università e laboratori dell’INFN (Napoli, Padova, Perugia, Pisa, Torino, Trieste, Roma1-Enea Casaccia, Roma3, Laboratori Nazionali di Frascati), coordinati da Giuseppe Finocchiaro dei Laboratori Nazionali di Frascati (LNF).
I gruppi italiani sono impegnati nella costruzione di tre elementi chiave dell’esperimento: il rivelatore di vertice (SVD), il sistema di identificazione di particelle (TOP), e il calorimetro elettromagnetico (ECL), necessari rispettivamente alla misura precisa del punto in cui le particelle decadono, al riconoscimento di quali particelle attraversano il rivelatore, alla misura della loro energia. Inoltre l’Italia assicura anche un notevole contributo ai mezzi di calcolo necessari per l’analisi dell’enorme quantità di dati che l’esperimento raccoglierà.
“Il gruppo di Trieste contribuisce alla realizzazione del rivelatore di vertice, grazie a competenze avanzate nelle tecnologie dei rivelatori in silicio, sviluppate nei laboratori INFN della Sezione di Trieste; partecipa anche alla realizzazione di un apparato di dimensioni ridotte rispetto a Belle-II, ideato per misurare le proprietà dei fasci di particelle che circolano nell’acceleratore in questa fase iniziale, e fornire così informazioni necessarie per la messa a punto del sistema.” sottolinea Livio Lanceri del Dipartimento di Fisica, Università di Trieste, e dell’INFN, Sezione di Trieste: “Abbiamo avuto la soddisfazione di osservare i segnali del passaggio delle particelle nell’acceleratore fin dalla sua prima accensione, con i nostri minuscoli sensori al diamante sintetico. I nostri primi passi nell’utilizzo di questi sensori, alcuni anni fa, sono stati favoriti anche da finanziamenti ottenuti attraverso progetti nazionali PRIN, e di Ateneo (FRA)”.
Per informazioni aggiornate sulle attività di Belle-II è possibile consultare la pagina Facebook dell’esperimento.